giovedì 15 ottobre 2015

TUMORI OROFARINGEI

L’orofaringe è la regione situata posteriormente alla bocca. Comprende la regione tonsillare, la base della lingua, la parete posteriore dell’asse faringeo e il palato molle (ugola). Mentre l’ipofaringe è situata postero-lateralmente alla laringe con la quale contrae stretti rapporti, avvolgendola per quasi 180°. Costituita internamente da mucosa, non possiede impalcatura ossea o cartilaginea ma esclusivamente uno strato muscolare che ne costituisce la struttura esterna. L’orofaringe è la regione situata posteriormente alla bocca. Comprende la regione tonsillare, la base della lingua, la parete posteriore dell’asse faringeo e il palato molle (ugola). Nell’European cancer congress svoltosi a Vienna è emerso da uno studio svolto da un team di ricercatori taiwanesi che nei pazienti con tumore orofaringeo e ipofaringeo il ricorso alla chirurgia primaria porta a tassi di sopravvivenza più elevati. I ricercatori hanno identificato 1698 casi di tumore orofaringeo e 1619 di tumore ipofaringeo diagnosticati tra 2004 e 2009 e li hanno monitorati fino al 2012. Un intervento chirurgico radicale era stato eseguito rispettivamente nel 35,29% e nel 37,63% dei pazienti con tumore orofaringeo stadio 3 e stadio 4A, mentre nei pazienti con tumore ipofaringeo stadio 3 e stadio 4A le percentuali sono risultate del 54,52% e del 48,85%. Con la chirurgia primaria si sono associati tassi di sopravvivenza a 5 anni più elevati (59% vs 48% nei pazienti con tumore orofaringeo stadio 3, 51% vs 40% pazienti con tumore orofaringeo stadio 4A, 54% vs 33% nei pazienti con tumore ipofaringeo stadio 3, 39% vs 26% nei pazienti con tumore ipofaringeo stadio 4A). La qualità di vita del paziente con patologia oncologica della testa e del collo è d’altro canto nettamente migliorata. Merito di suddetto miglioramento va sicuramente ad una serie di innovazioni apportate negli ultimi 30 anni in particolare molto il miglioramento è riconducibile all’ambito tecnico dato dalla chirurgia ricostruttiva e dalla chemioradioterapia. L’introduzione dei lembi, il gran pettorale prima, e i lembi liberi microvascolari poi, ha permesso di raggiungere due obiettivi: un marcato miglioramento della funzione e delle qualità della vita nei pazienti sottoposti a trattamento chirurgico; la possibilità di effettuare resezioni più ampie e oncologicamente radicali del tumori. Il trattamento di tale patologia, soprattutto negli stadi più avanzati di malattia, richiede un approccio terapeutico integrato che coinvolge specialisti di differenti settori. Se da una parte, infatti, la radioterapia e la chemioterapia in associazione al trattamento chirurgico hanno un ruolo fondamentale al fine di ottenere un maggior controllo locale e la preservazione della funzionalità di organo, la complessità del quadro clinico alla diagnosi ed in corso di trattamento multimodale richiede spesso ed in maniera imprescindibile la valutazione e l’intervento di altre figure professionali quali l’odontoiatra, il nutrizionista ed il terapista del dolore.

domenica 18 gennaio 2015

L'IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE PER IL TUMORE ALLA PROSTATA

La prostata rappresenta un organo molto importante per i maschi in quanto è il responsabile della fertilità; durante tutto il percorso della vita di un uomo puó essere oggetto di malattie molto differenti a cui per fortuna oggi siamo in grado di dare una soluzione medica. In età giovanile sono frequenti le malattie di natura infiammatoria dette prostatiti fastidiosa ma non pericolosa che possono essere facilmente curate con terapie mediche quali farmaci antinfiammatori o decogestionanti che permettono al paziente di stare meglio. Spesso al compimento del cinquantesimo anno di età la prostata tende ad ingrandirsi (detta ipertrofia prostatica benigna) ed a creare i primi disturbi come quello di recarsi spesso in bagno; in questo caso non siamo quasi mai di fronte ad una neoplasia di natura tumorale. Quando l'ausilio dei farmaci non comporta un miglioramento per il paziente ed al quadro viene associata anche un'ostruzione urinaria sorge la necessita di approfondimento diagnostico per scongiurare l'insorgere una patologia tumorale prostatica. Il tumore prostatico è una parola che evoca paura ma che deve essere considerata senza spaventarsi perché oggi si guarisce sempre,l'importante è fare dei controlli anche quando si sta bene; si consiglia al compimento dei quarant'anni di fare un prelievo di sangue con un parametro che si chiama antigene prostatico specifico detto PSA che molti pazienti conoscono già, indica il rischio potenziale di una patologia tumorale. È importante fare questo esame perchè è sempre questa la metodologia di individuare il problema prima che inizino i disturbi, e quando viene trovato in fase precoce le strade per risolverlo sono tante si passa dalla cosiddetta sorveglianza attiva vale a dire osservare il paziente continuando a fare degli esami senza niente di operativo. La patologia tumorale prostatica è sempre stata orfana di terapie farmacologiche solo negli ultimi anni la ricerca ha dato la possibilità di nuovi farmaci alquanto risolutivi . Concludendo tutte le patologie tumorali oggi hanno avuto un enorme sviluppo terapeutico ma comunque rimane sempre di estrema importanza la diagnosi precoce che si puó raggiungere con una corretta informazione sulla prevenzione.

CANCRO AL POLMONE NOVITA' TERAPEUTICA L'IMPORTANZA DI DUE NUOVE MOLECOLE

Due studi americani definiti Atlas e Saturn, emersi nel congresso Asco in Florida, hanno evidenziato che l' anticorpo monoclonale Bevacizumab ed il farmaco biologico Erlotinib sono riusciti a bloccare la crescita del tumore al polmone garantendo al paziente una maggiore sopravvivenza. Lo studio Atlas ha evidenziato che l'associazione dei due farmaci in terapia di mantenimento in particolare nel tumore non a piccole cellule prolungava del 39% la sopravvivenza. Lo studio Saturn ha confermato l'efficacia antitumorale di Erlotinib. Sempre al convegno svoltosi in Flosrida sonostati presentati dei test anti-cancro, finalizzati a colpire in maniera sempre più efficace e mirata i tumori: uno di questi ricerca nell'organismo del paziente una particolare proteina per dare al medico un'idea più precisa di come il soggetto risponderà alla chemioterapia. Alcuni di questi farmaci di ultima generazione sono disponibili anche in Italia. Essendo mirati a una specifica forma tumorale, per il loro impiego è fondamentale una diagnosi più specifica possibile. Dei farmaci innovativi di ultima generazione, è già in Italia il Bevacizumab in combinazione con la chemioterapia, che potrà essere usato per la forma tumorale non squamosa. Blocca la formazione di nuovi vasi e arresta la crescita del tumore. In parole semplici, appartiene alla categoria dei farmaci che “affamano” il tumore facendolo regredire. Altro farmaco, per la forma tumorale non squamosa in prima linea di trattamento, è il pemetrexed che è un chemioterapico non Biologico. Altri farmaco biologico il cetuximab, un anticorpo monoclonale anti EGF che potrà essere utilizzato solo nelle forme con iperespressione del recettore dell’EGF e per questo si comprende quanto sia fondamentale l’individuazione del tipo di tumore nel dettaglio utilizzando l’esame istologico.

domenica 6 luglio 2014

NUOVE TERAPIE SUL MELANOMA

Il Melanoma (tumore della pelle) è una malattia purtroppo in costante crescita con un’età di insorgenza sempre più in diminuzione, solamente in Italia si è giunti a circa 7000 nuove diagnosi. La ricerca scientifica ha fatto grandi progressi in particolare nell’ambito delle tecnologie biomolecaolari, rendendo disponibili nuove strategie terapeutiche di immunoterapia che prevedono, in aggiunta alle terapie convenzionali di provata efficacia clinica (chirurgia, chemioterapia, radioterapia, ormonoterapia) nuovi approcci di cura del tumore. Nel Congresso Nazionale svoltosi a Firenze tra ricercatori, clinici ed oncologi a confronto a cui ho avuto l’onore di essere invitato, si è discusso di nuove terapie che oggi sono messe a disposizione . Fino a pochi anni fa per il tumore della pelle, tumore alquanto insidioso ed aggressivo, l’oncologo aveva a disposizione poche cure terapeutiche per poterlo trattare, e quindi, usando farmaci come l’interleuchina, l’interferone, la chemioterapia ed il vaccino convenzionale si avevano risultati alquanto deludenti specie nei melanomi avanzati (già metastatici). Oggi il mondo scientifico ha messo a disposizione farmaci che vengono definiti anti BRaf. I farmaci nuovi già in commercio sono rappresentati da trattamenti immunoterapici e da terapie target dove i risultati e lo scenario della malattia specie metastatica è stato per loro merito modificato. In particolare mi riferisco all’ipilimumab: anticorpo in grado di legarsi specificamente a una molecola chiamata CTLA-4, che si trova sulla superficie dei linfociti T. Grazie a questo legame l'Ipilimumab riesce a innescare una risposta immunitaria anti-tumore indirizzata in modo specifico contro le cellule del melanoma. Ma fino ad oggi il meccanismo d'azione di questa molecola non era stato chiarito del tutto. Conoscendo il meccanismo d'azione di Ipilimumab nelle lesioni neoplastiche, si può ritenere che questo anticorpo potrebbe essere associato ad altre terapie per il melanoma, con buone prospettive di successo; mi riferisco ad un altro farmaco il Vemurafenib che associato, potrebbe consentire di aggredire il tumore simultaneamente su due fronti: quello immunologico, esterno alla cellula tumorale e promosso da Ipilimumab, e dall'interno della cellula , mediato dal Vemurafenib. Non sono da sottovalutare studi su terapie mirate con la molecola Dabrafenib Il melonama è una neoplasia che necessita dell’integrazione di diverse branche specialistiche . In particolare un ruolo di estrema importanza è quello dell’anatomopatologo il quale, se prima, non avendo questi nuovi farmaci a disposizione, era sufficiente ricevere una diagnosi strettamente istologica, oggi l’oncologo richiede all’anatomopatologo strategie diagnostiche completamente cambiate cioè non è più sufficiente la diagnosi istologica ma di estrema importanza diventa la conoscenza di tutta una serie di esami di immunoistochimica. Notizie che ci consentono la possibilità di sapere in anticipo il trattamento mirato che l’oncologo può garantire al paziente. E’ allo studio la possibilità di usare l’immunoterapia in adiuvante (cioè nella malattia non metastatica) se i risultati saranno favorevoli avremo un’arma estremamente importante per il paziente. Non dobbiamo trascurare che le terapie convenzionali sembrerebbero avere un’efficacia maggiore laddove venissero usate dopo il trattamento immunoterapico in quanto aumenterebbe il potenziale di aggressività sul tumore. Bisogna sottolineare anche che questi farmaci devono essere utilizzati anche da oncologi in grado di saper gestirne gli effetti collaterali che potrebbero creare delle complicazioni. Rimane doveroso da parte mia stressare sempre di più sull’importanza della prevenzione che rimane la primaria arma contro le neoplasie, quindi controlli su nei che possono destare preoccupazioni tramite l’ausilio di una demoscopia o di una mappatura dei nei.

martedì 14 gennaio 2014

CANCRO AL POLMONE: UN SEMPLICE TEST DEL SANGUE PUO' RILEVARLO PRECOCEMENTE

Interessante pubblicazione sul Journal of Clinical Oncology di uno studio  condotto dall'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano secondo il quale "un semplice prelievo di sangue è in grado di individuare il tumore del polmone fino a due anni prima della diagnosi ottenuta con TAC spirale, indagine radiologica ad oggi suggerita per la sua diagnosi precoce".

I risultati sono stati da poco presentati a San Diego, alla conferenza dell'Associazione Americana per la Ricerca sul cancro (AACR) e  dell'Associazione Internazionale per lo Studio del Tumore al Polmone .(IALSC). 
Il test ha dimostrato una sensibilità dell'87% nell'identificare il tumore al polmone.
Lo studio ha analizzato 939 forti fumatori, misurando un parametro chiamato "microRNA circolanti nel sangue". 
I forti fumatori non presentavano la malattia (870 individui) oppure avevano già un tumore al polmone (69 individui).
 
Ridotto dell'80% il numero dei falsi positivi individuati dalla TAC spirale   che aveva identificato noduli sospetti in forti fumatori non malati di cancro polmonare

Si tratta di un test diagnostico molecolare a bassa invasività che valuta i livelli di 24 microRNA circolanti nel sangue dei fumatori e che indica la presenza del cancro polmonare. 
I risultati dello studio supportano l'uso del test molecolare come strumento per migliorare l'identificazione precoce del tumore al polmone.

martedì 19 novembre 2013

A novembre ha avuto luogo il nono Meet The Professor. Advanced International Breast Cancer Course. Quest'anno non più a Modena, ma a Padova. Da questo importante Meet a cui ha partecipato il Prof. Rizzi è emerso che aumentano progressivamente le possibilità di guarigione del cancro al seno; questi risultati straordinari sono supportati da studi sempre più complessi. Il MEET, ideato e condotto dal Prof. Conte e da Gabriel Hortobagyi, può vantare un team di grande prestigio, come ampiamente dimostrato dal suo successo. Da alcuni anni infatti presenta relatori altamente qualificati, provenienti da Istituti di diverse nazioni europee all'avanguardia nella ricerca scientifica
 Nella foto a destra il Prof. Giuseppe Rizzi con il dr Gabriel N. Hortobagyi University of Texas (Houston).
Il programma della Conferenza internazionale ha compreso lezioni sulla caratterizzazione molecolare dei tumori primari e metastatici, sulla gestione della malattia iniziale e avanzata, sulle strategie per superare la resistenza alle terapie disponibili, sulle terapie innovative, e sui trattamenti multimodali per la malattia avanzata. 
Tra queste le nuove frontiere dell'immunoterapia. 
Un ambito di studio relativamente recente ma cheha già portto sul mercato nuovi farmaci capaci di migliorare la vita e aumentare la sopravvivenza di diversi tipi di tumori aggressivi. 
 Le terapie immunitarie sono pensate per stimolare il sistema di difese del nostro corpo per spingerlo a distruggere le cellule tumorali. Secondo molti scienziati, questa branca di studio è tra le più promettenti nella lotta al cancro, e ha il potenziale di diventare un punto di svolta nel trattamento dei pazienti, migliorando sia la qualità della vita che le percentuali di sopravvivenza, anche per un big killer come il tumore ai polmoni o per neoplasie come quella ai reni, che vengono di solito scoperte solo in fase avanzata quando i risultati della chemioterapia si riducono.
Quelli sull’immunoterapia sono per ora studi preliminari, ma dai buoni risultati, e che promettono di portare sul mercato nei prossimi anni una nuova classe di farmaci, più efficaci di quelli già presenti.
Particolarmente interessanti sono stati i risultati di due studi su due farmaci sperimentali che si attivando contro il recettore PD-1, che si trova sulla superficie dei linfociti T: in condizioni normali questa molecola difende le cellule sane, ma quando è presente un tumore questo è capace di ingannare il recettore in modo che questo protegga dal sistema immunitario le cellule malate. Le molecole studiate lavorano proprio per eliminare lo scudo, in modo che gli stessi linfociti T possano attivamente difendere l’organismo dal tumore.